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La luce naturale non è delle migliori, è una piovosa giornata torinese. L’illuminazione è accesa, anche se non diminuisce la sensazione di spaesamento che si prova nell’interno afacciato sulla Stazione Centrale. L e stanze con i softti afrescati si alternano a lunghi corridoi. Quando ti sembra di poter riconoscere zone e angoli ti rendi conto di essere altrove, perso senza la guida del padrone di casa che fa da Cicerone. << Il mio appartamento era stato vittima di un incendio. Questo mi sembrava antico e poi al piano di sopra abitava la mia famiglia: l’ho arredato con l’arte moderna e contemporanea, due delle mie passioni >>. E in efetti, le foto di Liu Bolin, un Lucio Fontana degli anni 40, il pianoforte a coda su cui si appoggiano, libri dedicati i manifesti di arte povera da terra in stile Memphis contribuiscono a creare un cortocircuito temporale.
A parlare Riccardo Grande Stevens, un lavoro in finanza che lo porta a diversi tra Londra, Torino e Montecarlo, e un ossessione per le calzature coltivata negli anni. Nell’ armoire della casa ne sono conservate circa 500.<<Da bambino non vedevo l’ora di uscire con mia madre che aveva il compito di comprare; con mio padre, invece si sceglievano i tessuti dal sarto>>.Un vezzo tramutato in una Collezione, Steve’s, che debutterà quest’ inverno e che trova il suo”paziente zero” in una stringata fatta realizzare da Stevens interamente in velluto da un artigiano torinese. Da quel primo modello derivano derby con tomaia formale, Chelsea boot con suola Eva e sneakers, alle quali si afancano anche stringate dedicate a lei, tutte realizzate ne l distretto marchigiano, in cui i nomi s’ispirano al golf, alla grande passione di Stevens.A unirle, un fil rouge materico, il velluto, consistenza cha fa da tela sulla quale realizzare calzature con la costruzione Goodyear classica o in una sua variante mai sperimentata prima, con doppia suola e maggiore flessibilità.Le cromie sono desaturate, da blu Cina all’ ambra, passando per il vinaccia.Un esercizio di stile al debutto i 40 punti vendita italiani, e ha suscitato l’ interesse del mercato internazionale, tra tutti quello della catena francese Printemps, nelle cui vetrine sarà possibile trovare la Collezione Steve’s.Una scarpa dall’ identità definitiva ed eclettica, simbolo di un progetto coraggioso, al netto del mercato attuale, saturo di prodotti che sacrificano il racconto di un’ identità, di per sé complesso, per raggiungere una fetta di pubblico quanto più grande possibile.<< Ho temporeggiato prima di intraprendere quest’avventura; molto ha giocato l’ afdabilità e l’ entusiasmo dei mie soci Andrea Schirato e Lidia Tudisco. In termini economici, il bilancio del merchio è oculato, e punta a una realtà capace di durare nel tempo.Anche se, creativamente parlando, sono un fiume in piena e devo essere arginato, ma immagino già le possibilità evoluzioni. A frenarmi è il terrore di chi indosserà le Steve’s, e con cosa le abbinerà. L’anima della scarpa è versatile, può essere indossata con uno smoking o, appunto, su un campo da golf. Il problema è che il gioco di equilibri tra originalità e canoni formali è un filo sottile, sulla cui lunghezza si misura la vera eleganza>, spiega.
Ossessioni de dandy, ereditate dal bisnonno Anthony Grande Stevens, partenopeo di origine ma considerato per la sua riservatezza un sabaudo in purezza dagli stessi torinesi.<< Ho provato a imitarlo, senza fortuna. Possedeva questi bauli Louis Vuitton che giravano per l’ Europa, trasportando le sue camicie che lui, pur vivendo a Napoli, comprava a Londra su misura e faceva stirare a Parigi.La famiglia aveva una tenuta in Puglia vicino Gallipoli, con un enorme oliveto. Fu mandato ad amministrarla per una stagione, ma si annoiava, cosi convocò i suoi compagni di università, i rampolli delle migliori famiglie d’ Europa, afdando un treno intero e dedicandosi alle battute di caccia. A sera, per dilettarsi, chiamò delle ballerine da Parigi, insieme a La Bella Otero( Leggendaria benedetta del Folies Bergere, già soggetto degli strumenti amorosi di Gabriele Dannunzio e dell’ allora Duca di Westminster). A fine serata le regalo un agnellino appena nato, con al collo delle perle selvatiche.Non ci avrei mai creduto se non fosse stato mio padre stesso a raccontarmelo>>,ricorda. Un albero genealogico di uomini straordinari per polso e per aplomb, il suo, che vanta anche il Colonnello “Buonasera”, nome in codice dell’ ufciale Harold Stevens. Un soprannome guadagnato sul campo quello dell’ ufciale inglese, che dalle frequenze di Radio Londra commentava gli avvenimenti del conflitto mondiale con pragmatismo anglosassone e pacatezza. Caratteristiche che si sono tramandate, complice il dna, al padre Franzo, al quale svolge spesso il pensiero. Una narrazione che riverbera anche nel silenzio immutabile degli oggetti, come il tavolo della sala da pranzo, lo stesso al quale sedevano per le cene informali Norberto Bobbio e il magistrato Alessandro Galante Garrone, tra i padri fondatori della Repubblica (<<sentendoli discorrere a cena ho capito che non sarei mai diventato un intellettuale >>ammette9, e quella scrivania dell’ ufcio usata per molto tempo dal genitore. Il suo ritratto compare infatti sopra il tavolo da lavoro, un auterevolezza naturale che contribuiscono a renderlo l’ a avvocato di Gianni Agnelli. Ogni volta che Agnelli veniva da noi gli chiedevo dove avesse comparato questo completo o quel tessuto. Mio padre mi guardava di traverso, ovviamente. Allo stadio non andavo per assistere alle partite, anche se ovviamente tifo Juve e sofro, oggi come ieri.Era solo una scusa per vedere lui che una volta, vedendomi arrivare con una giacca check dai colori improbabili, commentò con un ironico “originale”. Quella giacca non ha mai più visto la luce>>. Passioni e afetti che si incrociano in un gioco di rimandi capaci di raccontare una storia italiana.<< Della mia infanzia ricordo mio padre lavorare in continuazione, chino tutto il giorno sui libri.La sua dedizione al lavoro era totale, ma quando tornava a casa la sera per cena era un vero intrattenitore.All’ università, i miei amici pendevano dalle sue labbra. A tavola teneva banco fingendo competenze in ambito finanziario, che non era per niente il suo campo di studio, ma nessuno ha mai dubitato per un attimo che non stesse parlando sul serio… Oggi a volte, mi chiedo se sono stato il figlio che avrebbe voluto, anche se non gli è mai importato che non avessi scelto di seguire le sue orme. Quando è uscito il suo libro, Vita di un’avvocato, e gli ho chiesto ironicamente di farmi una dedica, mi ha scritto sul frontespizio:<<Per capire quello che hai avuto la fortuna di evitare>> .Passioni e afetti si incrociano in un gioco di rimandi capaci di raccontare una storia italiana. Quella di un uomo di Finanza e designer, nipote di Anthony, figlio di Franzo. E dandy a tempo pieno.
nicolo
25 Maggio 2018 at 12:27Test